Se il “format natalizio” è stato costruito dall’industria culturale, ci sono però brand, enti pubblici e organizzazioni che negli ultimi anni hanno deciso di sabotarlo dall’interno. Non con la solita nevicata di buoni sentimenti, ma con messaggi che scardinano il consumo automatico, contestano l’estetica obbligatoria e aprono immaginari più adulti, politici, sostenibili.
Ecco alcune campagne che hanno mostrato che un altro Natale è possibile.
CAMPAGNE CHE HANNO ROTTO LA RETORICA DEL NATALE
Patagonia – “Don’t Buy This Jacket”
Non è una vera campagna di Natale, ma ogni dicembre torna come un colpo allo stomaco del consumismo.
Messaggio: “Compra meno, usa di più.”
Lesson: quando il marketing smette di chiedere, può iniziare a dare.
Iceland (supermercato UK) - campagna contro l’olio di palma
Lo spot animato “Rang-tan” fu censurato in TV nel 2018 ma divenne virale online.
Narrativa: critica diretta all’industria, non favola zuccherata.
Lezione: anche un supermercato può scegliere una storia più coraggiosa della solita tavola apparecchiata.
Posten ( Poste norvegesi) — When Harry Met Santa
Spot queer, tenero, politico.
Racconta l’amore, non il consumo.
Lezione: ripensare il Natale come spazio per ampliare gli immaginari, non per riempire carrelli.
Oatly — Santa Taste Test Update Milk: Holiday edition
Lo spot mostra un test-assaggio con 31 Babbi Natale, quasi tutti pronti ad abbandonare il latte e i biscotti per il latte d’avena e il croquembouche. Oatly prende di mira la tradizione natalizia più iconica e la ribalta con un’alternativa “più evoluta” e plant-based.
Lezione:anche il Natale può cambiare abitudini e i numeri (96,774%) lo rendono, ironicamente, “inevitabile”.